Seconda selezione, cosa dicono le società scientifiche sul COVID 19
Sempre in relazione alle patologie coesistenti nei pazienti affetti da COVID-19, in questa seconda selezione cercheremo di analizzare alcuni aspetti di diagnostica e farmacovigilanza .
Pazienti sottoposti ad indagini radiologiche
Nei pazienti a sospetto COVID-19, le indagini radiologiche sono un importante ausilio per identificare precocemente e seguire l’evoluzione della patologia polmonare. In un documento intersocietario: https://www.sirm.org/wp-content/uploads/2020/03/DI-COVID-19-documento-intersocietario.pdf i radiologici richiamano alcuni concetti fondamentali:
La TC torace senza mezzo di contrasto (mdc) può mostrare i reperti più caratteristici (opacità bilaterali “a vetro smerigliato” circa il 60%). L’esame RX del torace va usato soprattutto in pronto soccorso per indirizzare ad una diagnosi differenziale verso forme di polmonite diverse dall’infezione da Covid-19 ed in seguito è utile per seguirne l’evoluzione. L’ecografia del torace (POCUS – Point-Of-Care UltraSound), eseguita in genere dagli intensivisti al letto del paziente, può rappresentare uno strumento di monitoraggio anche per valutare l’efficacia delle manovre di prono supinazione, riducendo il ricorso all’Imaging diagnostico e il rischio di esposizione per gli operatori. Non sono raccomandate altre forme di ecografia.
Nel sito della Società Italiana di radiologia medica ed interventistica (https://www.sirm.org/) sono messe a disposizione le linee guida di protezione degli operatori ed un database di immagini per facilitare il riconoscimento della patologia. Come sopra riferito l’uso di mdc può essere solo raramente necessario, tuttavia nel sito è disponibile gratuitamente una importante risorsa al link https://areasoci.sirm.org/download/4622 con le LG sui mdc (ACR manual on contrast media ver. 10.3 del 2017) pubblicate dall’American College of Radiology, una fonte autorevole e ricca di spunti sia per le caratteristiche che per la prevenzione delle ADR da mdc.
Pazienti con ipertensione ed altre malattie cardiovascolari
Gli ACE inibitori (es.: Captopril, enalapril, lisinopril) e più ancora i boccanti i recettori dell‘Angiotensina II (ARB- sartani) sono stati sospettati di poter aggravare gli esiti da COVID-19. L’uso molto ampio nella popolazione di questi farmaci, usati come antiipertensivi o per altre affezioni cardiovascolari (es.: insufficienza cardiaca), e il particolare meccanismo d’ingresso del virus nella cellula (le proteine spikes si legano ai recettori ACE2 per l’internalizzazione) ha creato molte preoccupazioni sul prosieguo delle terapie. L’ACE2 è infatti un omologo dell’ACE e svolge un ruolo chiave nel bilanciamento delle risposte provocate dall’ACE, idrolizzando l’Angiotensina I e II. Di norma l’attività dell’ACE2 è molto elevata anche nei polmoni, con un’azione regolatoria sull’equilibrio Ang II/Ang-(1–7). Alti livelli di Ang II nel polmone possono infatti portare ad aumenti della permeabilità vascolare e ad edema polmonare aggravando l’infiammazione virale. In alternativa, questi meccanismi hanno dato luogo anche ad ipotesi di ricerca che riconoscano effetti terapeutici positivi nell’uso di sartani, ACE inibitori o la somministrazione della forma solubile ricombinante di ACE2. Per approfondire i complessi meccanismi coinvolti, è consigliata la lettura di una newsletter della SIIA (Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa) che porta ragioni pro e contro le varie ipotesi di ricerca: https://siia.it/wp-content/uploads/2020/03/ACEI-ARB-e-COVID-19.pdf
Una recente revisione comparsa sul NEJM, disponibile gratuitamente al link https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMsr2005760?query=featured_coronavirus , conferma la necessità di essere prudenti.
In sintesi gli autori espongono così la loro opinione:
Punti chiave connessi all’associazione tra COVID-19 e Il Sistema Renina – Angiotensina– Aldosterone (RAAS)
• ACE2, un enzima che contrasta fisiologicamente l’attivazione di RAAS, è il recettore funzionale di SARS-CoV-2, il virus responsabile della pandemia di Covid-19
• Alcuni studi preclinici hanno suggerito che gli inibitori di RAAS possono aumentare l’espressione di ACE2, sollevando preoccupazioni riguardo alla loro sicurezza nei pazienti con Covid-19
• Sono disponibili dati insufficienti per determinare se queste osservazioni si possano ricondurre anche nell’uomo e nessuno studio ha valutato gli effetti degli inibitori di RAAS in Covid-19
• Sono in corso studi clinici per testare la sicurezza e l’efficacia dei modulatori RAAS, incluso ACE2 umano ricombinante e losartan rispetto a Covid-19
• La brusca sospensione degli inibitori della RAAS nei pazienti ad alto rischio, compresi quelli con insufficienza cardiaca o infarto del miocardio, può provocare instabilità clinica ed esiti avversi per la salute
• Fino a quando non saranno disponibili ulteriori dati, si ritiene che gli inibitori della RAAS debbano essere proseguiti in pazienti che sono a rischio ma stabili, sottoposti a valutazione per Covid-19 o dove questa patologia sia francamente espressa.
In conclusione e come già segnalato precocemente da AIFA, gli studi fino ad ora disponibili mostrano dati conflittuali e dunque si consiglia di non interrompere i trattamenti in atto per i vantaggi rispetto ai potenziali rischi che si generano da una interruzione.