Giallo di fine anno: chi sono le vittime?
Siamo a inizio d’anno e, come nella migliore tradizione, non potendo regalarvi un libro intero, ci siamo limitati, più modestamente, a donarvi il nostro mini racconto poliziesco dell’anno.
Per graziare i lettori meno propensi ad arrivare alla fine della storia, contrariamente a quello che si dovrebbe fare, anticipiamo l’epilogo, in due versioni, e subito dopo partiamo con la trama, i personaggi e gli interpreti, il movente, i colpevoli e cerchiamo insieme di individuare le vittime, districandoci tra le comparse e i complici.
Epilogo n° 1 con prevalente orientamento ideologico
Il movente, come diceva un famoso pm sono i soldi o il sesso e cosa li assomma: il potere. In questa vicenda il movente è chiaro sono i soldi o meglio i tassi di profitto aziendali. I colpevoli, se così possiamo dire, sono però più d’uno: la Novartis che possiede un terzo della Roche, che a sua volta possiede tutta la Genentech, la società che ha scoperto i due prodotti A. e L.. Di cosa è colpevole la Novartis? Di aver fatto di tutto per vendere meglio il proprio prodotto L. che costava più caro di quello di Roche, A., che nato per altre indicazioni dimostra di avere -nella degenerazione maculare- la stessa efficacia del prodotto di Novartis (pur essendo più incerto il profilo di sicurezza).
La principale contro-argomentazione di Roche è che il fatto non costituisce illecito perchè non c’è alcuna legge che possa indurre un’industria Roche a registrare un’indicazione terapeutica ancorché quel prodotto si dimostri attivo in base a studi clinici formali e/o utilizzo. Avrebbe potuto registrarla? Sì ma Novartis avrebbe ridotto i propri utili e, quindi, non lo ha fatto.
Altro “colpevole”, sempre in concorso, o forse più semplicemente il complice è la Federanziani, sedicente milionaria associazione di anziani che, improvvisamente, raccoglie centinaia di dichiarazioni telefoniche di propri associati sulle pressoché fino ad allora inesistenti segnalazioni di reazioni avverse di A. Conseguentemente si prende una denuncia per i reati di procurato allarme e pubblicazione di notizie esagerate e tendenziose presentata alla Procura di Torino dalla S.O.I.
Infine, ulteriore colpevole in concorso è la S.O.I. constellation che cavalca, grazie al suo Presidente, la somministrazione di A. a costi considerevoli per i pazienti negli ambulatori o cliniche private, con l’accordo dell’unica farmacia sempre privata che allestisce, con scadenza trimestrale, le preparazioni di A. per la somministrazione degli oculisti sembra spedendole in tutta Italia e lancia dichiarazioni di incapacità ai farmacisti titolati, gli ospedalieri, rei di fare le cose secondo le regole e le norme.
Per il p.m. di questa vicenda (l’Antitrust) le due multinazionali sono colpevoli di essersi accordate tra loro, come risulta dalle indagini della G.di F. su comunicazioni e documenti, per dimostrare che A. fosse più pericoloso di L., nonostante non vi fossero evidenze.
Il problema è, però, che mancano anche le evidenze che A. sia ugualmente sicuro a livello oculare.
Il tribunale di primo grado conferma la “multa” salata dell’Antitrust, più di 180 milioni, e si limita a verificarne la correttezza del percorso prescindendo dalle considerazioni tecnico-scientifiche che lascia ad altri organismi che ne hanno la competenza. Valutazioni che, infatti, sono proprie di A.I.FA. e, in quota parta parte, di quelle uniche due Regioni, Emilia-Romagna e Veneto, che per spendere meno, avevano prediletto A. rispetto a L. risparmiando decine di milioni di euro, facendolo preparare in ospedale dalle farmacie ospedaliere secondo le Norme di Buona Preparazione ed in economia.
Ma le vittime chi sono? I pazienti affetti da degenerazione maculare sicuramente, che per ricevere la somministrazione del prodotto devono o rivolgersi privatamente a loro carico agli ambulatori oculistici o fare code presso gli ospedali pubblici mentre sui giornali e nei media si scatena una serie di informazioni contraddittorie e confondenti sulla sicurezza di A. o sugli alti costi di L. o di E. che arriva per ultimo sul mercato e si pone come alternativa a L. ma non a A.
Ma forse c’è un’altra vittima forse ancor più importante, l’etica dei comportamenti. In questa vicenda non si salva proprio nessuno o quasi: se dalle industrie farmaceutiche non ci si può attendere grande etica sociale (sono società per azioni dedite al profitto), ci si sarebbe potuti attendere che le società scientifiche dei professionisti della salute si atteggiassero più decisamente per gli interessi dei pazienti, ad esempio puntando a ricercare seriamente gli eventuali eventi avversi di A. Invece più o meno tutte sono scese in campo a difendere gli interessi dei propri associati o delle categorie di riferimento. Ci si sarebbe potuti attendere un più deciso impegno delle Regioni per sostenere la scelta delle due avanguardie Veneto e Emilia-R. o da parte di A.I.FA. per lanciare da subito una ricerca indipendente sugli eventi avversi oculistici di A. ma tutti di fatto si sono limitati a amministrare le situazioni. Chi si salva? Diciamo il Ministro che per lo meno ha adottato un provvedimento fatto proprio dal Parlamento che ha consentito il reingresso di A. nella lista dei farmaci gratuiti pur non avendo l’indicazione registrata dalla ditta ma con un miglior rapporto beneficio rischio costo. Le due Regioni avanguardie E-R. e V., che hanno tentato ad opporsi allo strapotere condizionante delle multinazionali svizzere associate ma che forse avevano anche altri intenti come quello non così palese di contrastare lo stile gestionale del DG di A.I.F.A. Mettiamo dentro anche l’O.M.S. che mette in lista tra i farmaci essenziali proprio l’A. intravitreale e lancia un segnale chiaramente malaccolto da Roche o Novartis, laddove la decisione dell’OMS è stata caldeggiata dal rappresentante italiano che, anche in quanto dirigente dell’Agenzia sanitaria dell’Emilia-Romagna, ha fatto proprie le tesi della propria Regione.
E la S.I.Fa.C.T.? Noi potremmo anche autoassolverci ma non lo facciamo. Pur essendo una piccola società scientifica, abbiamo audience limitata e così via. In realtà abbiamo documentato sul nostro sito le nostre posizioni con più editoriali o comunicati (De Rosa et al. 2014; De Rosa & Puggioli 2014; Messori 2014 a; Messori 2014b) abbiamo lanciato appelli, scritto e diffuso documenti ai decisori (Ministro, Gruppi parlamentari), parlato con esponenti istituzionali, scientifici e giornalisti. Alcuni nostri esponenti direttivi hanno contribuito alle ricerche (es. Cochrane [Moja et al. 2014]) o alla scrittura di Documenti (es. quello [De Rosa et al. 2014] firmato dalla senatrice a vita Cattaneo e da due esponenti di rilievo di questa associazione): sono due facce di una stessa medaglia, una che privilegia la necessità di tutte le evidenze per formulare un giudizio, l’altra che punta a privilegiare quanto esiste nella fattispecie di questa controversia per sostenere la tesi prescelta. Al di là di questa incoerenza intra-associativa ma che per noi costituisce ricchezza, il senso era contribuire da una parte o dall’altra con intenti critici a basare le decisioni sulle evidenze o sull’assenza delle stesse. Non sappiamo se ci siamo riusciti ma per lo meno abbiamo puntato decisamente ad un’etica sociale del nostro comportamento scientifico.
Epilogo n° 2 senza prevalente orientamento ideologico
Un’altra visione porta a concludere che Novartis e Roche non hanno alcuna colpa particolare nella vicenda. Certamente, si può imputare a tutta l’industria farmaceutica la “colpa” di voler fare del profitto. Ma allora, anche condividendo questa posizione ideologica e -secondo noi- improduttiva, la colpa va attribuita a tutta l’industria farmaceutica che si pone l’obiettivo di fare del profitto e non in particolare a Roche e Novartis. Nella fattispecie, queste ultime sono assai meno colpevoli rispetto a quanto sono colpevoli altre industrie sia farmaceutiche che biomedicali attive su altre vicende assai meno virtuose.
Facciamo due esempi: a) farmaci orfani registrati a prezzi stratosferici senza aver fatto ricerca clinica ma cogliendo soltanto l’opportunità regolatoria ed economica; b) iniziative di lobbying eticamente riprovevoli che hanno convinto mezz’Italia che i dispositivi medici non devono seguire le regole evidenziali, affermatesi per i farmaci, ma possono procedere a prezzo libero e in assenza di evidenze. L’elenco potrebbe essere piuttosto lungo.
Se, nel caso della degenerazione maculare, Roche e Novartis hanno trovato un equilibrio di mercato e di sviluppo orientato alle loro rispettive convenienze economiche, và riconosciuto che questo fenomeno è assai diffuso in campo farmaceutico (ed ancor più in campo biomedicale) per cui colpevolizzare prioritariamente Roche e Novartis per questa vicenda sembra più una ricerca del capro espiatorio dettata da ragioni mediatiche-politiche che una ricerca virtuosa orientata ad eticizzare l’intero mercato. Tra l’altro, nel campo dei farmaci biologici, ci sono fenomeni di “equilibri sospetti” molto più rilevanti rispetto al caso della degenerazione maculare: basti pensare alla non-concorrenza che vige da anni tra i diversi Fattori VIII ricombinanti.
E’ egualmente “normale” che, per ragioni economiche, l’industria promuova il valore di certi prodotti e tenda a screditarne altri. Anche qui, è difficilissimo definire il sottile confine tra lecito ed illecito. Casomai sta al sistema pubblico di costruire anticorpi metodologici e generare valutazioni critiche, autonome, e metodologicamente robuste rispetto alle proposte ed argomentazioni provenienti dall’industria.
Il “sistema” ha le sue colpe perchè non sono note nè sono state scritte linee guida o norme che indichino quali forme di accordo/equilibrio siano legali e quali siano illegali. Come si fa ad accusare certi imputati quando, in partenza, le regole del gioco sono profondamente oscure? E’ un po’ come se qualcuno decidesse di multare gli automobilisti per eccesso di velocità avendo cura di non indicare, nelle varie strade, quali siano i limiti.
Il grande sconfitto di tutta questa vicenda (la vittima) è il rapporto costo-efficacia, che vige da oltre 20 anni in molti altri Paesi occidentali (Messori et al. 2003), ma che da noi resta un illustre sconosciuto (Messori & De Rosa 2014). Si preferisce l’arbitrarietà decisionale, anche perché in tal modo chi decide riesce a massimizzare il suo potere. Diciamo questo perché, se la fialettina intravitreale di Avastin fosse costata 1200 euro (anziché 20), tutto questo polverone certamente non sarebbe stato sollevato.
In altre parole, il problema sta soprattutto nel prezzo dei farmaci (Messori et al. 2003; Messori & De Rosa 2014). Però nessuno osa dire quali siano le regole vigenti in materia e neppure (il chè è peggio) ne sente l’esigenza. Anche qui il “sistema” pubblico ha le sue colpe perchè sta al SSN di definire le regole del SSN in campo di prezzatura value-based, e non all’industria. Dopo che tanti interlocutori italiani si sono pronunciati in materia di Avastin intravitreale, è triste rilevare che nessuno (o quasi nessuno- tra le eccezioni possiamo citare un inglese sul BMJ [Talks 2014] oltre a Spandonaro [Spandonaro 2014]) 20 euro a fiala per un anti-VEGF sono molto meno rispetto al valore terapeutico del farmaco.
Quindi 20 euro a fiala per un anti-VEGF sono “troppo poco”: “troppo poco” sembra una bestemmia, ma il problema –come si vede- è diventato ideologico ed ha perso di vista l’oggettività. L’oggettività (Messori et al. 2003; Messori & De Rosa 2014] ci dice che è sbagliato pagare troppo certi trattamenti (concetto che piace ideologicamente) ma che è parimenti sbagliato pagarli troppo poco (concetto che non piace ideologicamente). Quindi è l’ideologia (o la scarsa preparazione tecnico-scientifica in materia) che, purtroppo, ha impedito ai vari commentatori di osservare questo specifico punto (che peraltro è oggettivamente vero, vedasi PubMed).
Pagando molto sotto-costo certi trattamenti si penalizza la ricerca su quella patologia e, quindi, si penalizza il beneficio futuro che quei pazienti potrebbero ricevere dallo sviluppo della ricerca (Messori et al. 2003; Talks 2014). Perché (e le cose non sono certo destinate a mutare nel prossimo futuro) il 90% ed oltre delle innovazioni farmaceutiche (quelle vere) provengono dall’industria: è ingenuo (o, peggio, ideologia-dipendente) non riconoscere questo dato di fatto e sperare che siano le istituzioni del nostro SSN a sviluppare la ricerca seria ed a brevettare farmaci importanti (non è proprio mai successo fino ad oggi).
Prologo
Viene casualmente scoperto che un farmaco ad azione antitumorale, bevacizumab, migliora i sintomi della degenerazione maculare. L’azienda produttrice invece di registrare la scoperta per quel farmaco, lo registra per uno diverso ma molto simile e cede i diritti di sfruttamento commerciale ad un’altra con un prezzo dieci volte superiore. Va subito detto che questo non è un illecito, capita spessissimo per farmaci rilevanti, soprattutto per i biologici.
Ricercatori e oculisti di tutto il mondo pubblicano e curano col farmaco meno costoso anche se non registrato e le Regioni in Italia lo mettono in prontuario acquistandolo a basso costo. AIFA prima favorisce il processo poi lo ferma e infine lo riattiva. Poi interviene l’Antitrust che indaga su intese anticoncorrenziali delle imprese svizzere e infine, con una sentenza non del tutto inattesa, il TAR del Lazio conferma la super sanzione milionaria a carico delle due multinazionali, Roche e Novartis (filiali e case madri), per intesa collusiva in merito alla vicenda del bevacizumab intravitreale, più nota come il caso Avastin®. Le due aziende hanno già annunciato ricorso contro l’Antitrust in appello e occorrerà attendere la decisione del Consiglio di Stato per mettere la parola fine a questa vicenda.
Attori ed interpreti principali: l’AIFA, le Regioni e l’Antitrust
Gli attori ed interpreti sono oltre alle già citate Roche e Novartis e le rispettive filiali italiane, la Genentech, dove lavora e opera Napoleone Ferrara, medico italiano esperto di angiogenesi, con passaporto statunitense, che scopre sia il bevacizumab (Avastin) sia il ranibizumab (Lucentis), per la cura della degenerazione maculare, patologia che rappresenta la prima causa di cecità negli anziani. Genentech nel 2009 viene acquistata da Hoffmann-La Roche per 46,8 milioni dei dollari. Novartis possiede il 33% di azioni di Roche. Lo scopritore catanese di San Diego dichiara a Repubblica che “Avastin e Lucentis sono efficaci entrambi per prevenire la perdita della vista nella maculopatia negli anziani”. In termini di evidenze, se da un lato è vero che uno studio clinico denominato CATT (CATT 2011), condotto da un ente governativo, ha dimostrato una sostanziale equi-efficacia tra bevacizumab e ranibizumab intravitreali, d’altro lato i dati sulla sicurezza di questi due farmaci sono più frammentari ed appaiono incerti soprattutto per quanto riguarda la sicurezza oculare.
Novartis difende a spada tratta il proprio farmaco e la sua sicurezza anche mediante la diffusione di un comunicato sulle telefonate di Federanziani ripreso da AIFA e riportato da Quotidiani on line oggetto di critiche da parte di commentatori indipendenti (Ciavenna 2014).
L’Autorità garante per la concorrenza ed il Mercato, A.G.C.M., detta anche Antitrust, è l’autorità indipendente istituita nel 1990 che ha adottato il provvedimento sanzionatorio a carico delle due società svizzere e delle rispettive filiali per intesa collusiva anticoncorrenziale.
L’Agenzia italiana del farmaco, detta anche AIFA, è l’agenzia istituita nel 2004 che concede l’autorizzazione alla immissione in commercio dei farmaci in Italia, ne definisce il prezzo e la rimborsabilità e l’inserimento all’interno della lista dei farmaci prevista dalla legge 648/96.
Su questa vicenda ha emesso nel marzo del 2014 un comunicato molto ampio ed articolato che vale la pena di leggere nel dettaglio (AIFA 2014).
La Regione Emilia-Romagna e la Regione Veneto sono le due regioni italiane che più delle altre si sono attivate per incoraggiare l’uso off-label dell’Avastin intravitreale, sostenendo tale scelta con deliberazioni della Giunta regionale, con resistenze in giudizio al T.A.R., al Consiglio di Stato e alla Corte costituzionale. Se si legge bene quanto la Corte afferma su chi ha ragione e chi ha torto, appare che abbia dato torto alla E-R perché l’E-R non doveva legiferare regionalmente in difformità dalle norme nazionali, che poi il Parlamento ha cambiato.
La Corte costituzionale ha, infatti, dichiarato inammissibile, con sentenza N. 151/2014 (Corte Costituzionale 2014), il giudizio di legittimità costituzionale promosso dal Tar dell’Emilia Romagna nel procedimento tra la Novartis e la Regione, originato dall’impugnazione di una deliberazione adottata dalla Giunta (26 ottobre 2009), con cui la Regione ha deciso di consentire la temporanea erogabilità del medicinale Avastin (Roche) a carico del Servizio sanitario regionale, anche per il trattamento off-label di casi di maculopatia correlata all’età (DMLE).
Altri attori e interpreti secondari
In questa vicenda entrano proprio tutti: dai giornali ai media televisivi, dalle società scientifiche ai sindacati, dai gruppi parlamentari al Ministro della Salute, dalle Regioni ai Direttori generali delle ASL.
Anche noi in più editoriali ci siamo espressi perché direttamente interessati come attori ed interpreti dell’allestimento, della farmacovigilanza e della regolazione regionale e locale.
Non sempre, come abbiamo visto, la regolazione sia nazionale che regionale applica regole chiare come ad esempio quella sul prezzo dei farmaci, basata sul prezzo value-based, o sulla applicazione della normativa nazionale, assumendosene conseguentemente tutte le responsabilità.
Per la verità abbiamo anche rilasciato una intervista all’Ufficio stampa di AIFA che gentilmente l’ha voluta riportare il 3 giugno sul proprio sito, dove abbiamo sintetizzato le nostre posizioni (De Rosa 2014).
Ma vediamo questi attori ad uno ad uno, sperando di non dimenticarne nessuno, cominciando dalle società scientifiche per il loro ruolo importante in questo romanzo poliziesco.
Le società scientifiche
La S.I.F.O.
Partiamo dalla nostra società consorella, la S.I.F.O., che si è espressa, con un’intervista al suo Presidente (Anonimo 2014 a) e con l’emanazione di Linee guida (La Russa et al 2014), pubblicate sul proprio sito a firma di un folto gruppo di lavoro in data 20 settembre 2014, molto ben fatte con un solo limite: la durata della validità della preparazione magistrale portata da 2 a 30 giorni ma in assenza di referenze citabili.
S.I.F.
La S.I.F. autorevole società scientifica dei farmacologi italiani, pubblica nel luglio 2013 una position paper sul proprio sito (SIF 2013), dove si afferma che le due molecole “sono molecole diverse da un punto di vista strutturale e farmacologico anche se condividono lo stesso target, al quale però si legano con una diversa affinità di legame” e sembra assumere equidistanza nelle controversie tanto è vero che chiude il documento augurandosi “che qualsivoglia contenzioso riguardante i farmaci possa rientrare in una dialettica cooperativa e costruttiva volta al superamento, nel rispetto delle specifiche prerogative, di eventuali divergenze di valutazione e di visione della problematica.” Non a caso nel 2013 presiedeva la S.I.F. il prof. L. Canonico, noto per la sua moderazione competente. Tale augurio non ha portato all’abbandono del contenzioso che in realtà è stato ed è ampio e articolato.
La costellazione S.O.I.
La S.O.I. è la società scientifica che più si è esposta in questa vicenda con emanazione di comunicati, lettere ed interviste del suo Presidente, Matteo Piovella, con la costituzione in giudizio in tutti i ricorsi come ricorrente o controinteressata, lasciando intravvedere interessi non solo scientifici, che è facile, per chi fosse interessato, andare a trovare; di seguito diamo alcune informazioni che possono servire alla comprensione.
Il Presidente giunge fino a scrivere a Renzi e ad incontrare il Ministro Lorenzin tanto gli stanno a cuore i pazienti con degenerazione maculare.
Matteo Piovella dichiara in una intervista a AmbienteEuropa on line (Anonimo 2014b) che il costo per una iniezione intravitreale è di 2.000 euro/paziente in ambiente esterno al SSN e, sempre secondo il Presidente S.O.I., sono almeno 100.000 i pazienti eligibili per questa terapia. Semplice fare il calcolo del potenziale business che ammonterebbe come minimo a 200 milioni di euro per cliniche e ambulatori oculistici privati, mentre per l’unica farmacia privata nota per aver effettuato l’allestimento “programmato”, la farmacia Fiorentini di Brescia, il calcolo è meno agevole: per 100.000 siringhe preparate in 7 anni il ricavo viene stimato dai 300 alle 500.000 euro, considerando il costo della prestazione, della spedizione e del prodotto di cui non si sa quale sia stata la provenienza d’acquisizione, essendo un prodotto di fascia H osp, invendibile da parte di Roche alle farmacie aperte al pubblico non fiduciarie di ospedali.
Nella stessa intervista, il Piovella insorge contro le restrizioni all’uso dell’Avastin intravitreale decise da A.I.F.A anche dopo l’intervento autorevole del Consiglio Superiore di Sanità che detta precise regole che di fatto escludono gli oculisti privati e le farmacie aperte al pubblico dall’allestimento e somministrazione del prodotto così diluito, rendendo però gratuita la prestazione perché effettuata all’interno del SSN.
Per capire meglio perché questo interesse di tutte queste associazioni scientifiche ma anche società private a rilevanza professionale oculistica occorre presentare meglio la situazione: vi sono una serie di altre associazioni di tipo oculistico alcune delle quali controllate da S.O.I. (es. la C.M.O. s.r.l. Congressi Medici Oculisti) altre, indipendenti come la S.I.TRA.C. e I.A.P.B. (IAPB 2014), rispettivamente società italiana per il trapianto di cornea e la Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità, che assumono posizioni diverse nei confronti di S.O.I. sulla vicenda Avastin, ma mantengono un proprio simposio all’interno del Congresso S.O.I.
La S.I.TRA.C. annovera tra i suoi soci fondatori il dott. A. Capobianco, ha una partnership con la Jaka congressi che organizza corsi e convegni anche per altre sigle medico-oculistiche come la S.I.G.L.A. società per il glaucoma, la S.I.R. società italiana per la retina, la S.M.O. società mediterranea ortottica.
La I.A.P.B. è stata fondata nel 1977 per iniziativa dell’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti e della Società Oftalmologica Italiana (SOI), alle quali nel 1989 si è affiancata l’Associazione Professionale Italiana Medici Oculisti (APIMO).
Non sappiamo se vi siano link tra S.O.I. e altre società che si occupano di oculistica come la O.V.I. Lens o il Centro Chirurgico Casa Verde (società che, però, ha partecipato con S.O.I. al ricorso al T.A.R. contro la reintroduzione di Avastin in 648/96) che hanno in comune la sede a Trapani. Legate a S.O.I. sembrerebbero anche A.S.M.O.O.I., associazione sindacale dei medici oculisti in via dei Mille, 35 a Roma (ASM0OI 2014), la C.M.O. s.r.l. e la s.r.l. CER.SOI. (CERSOI 2014a),) ente di certificazione di S.O.I., tutte con sede a Roma come la S.O.I.
Tra i centri certificati CER.SOI. ovviamente c’è l’ambulatorio C.M.A. Centro Microchirurgia Ambulatoriale e il relativo studio del dr. Matteo Piovella con sede a Monza (MB).
Per la certificazione il tariffario (CERSOI 2014b), va dai 366 ai 610 euro/annui, ridotti per le ricertificazioni che costituiscono l’apporto economico cui sottostanno gli oltre 5.000 oculisti privati italiani. Il tutto avviene in via dei Mille, 35 a Roma, sede di S.O.I. CERR.SOI. e A.S.M.O.O.I.
Altre sigle di interesse per comprendere il variegato mondo capitanato dal dottor M. Piovella sono:
-la INDEXOfta, un portale egli eventi oftalmologici italiani realizzato direttamente da S.O.I. e utilizzato per far conoscere eventi ECM e FAD direttamente organizzati dalla S.O.I..
-la Fondazione Insieme per la vista, fondata direttamente da Matteo Piovella in proprio e dal Presidente S.O.I., sempre M.Piovella, come si legge nello Statuto (INSIEME PER LA VISTA 2013) sullo stesso sito associativo;
-la onlus Per vedere fatti vedere, fondata nel 2002 sempre per volontà della S.O.I. di cui M.Piovella è solo un consigliere ma il cui Presidente Pasquale Troiano, pluripremiato S.O.I., per sostenere la quale l’importo minimo per le imprese è di 1.000 euro come risulta dal sito (PER VEDERE FATTI VEDERE ONLUS 2014).
Questa è, presumibilmente, in sintesi la costellazione S.O.I. costruita pezzo per pezzo dal dottor Matteo Piovella.
Non possiamo non citare anche l’A.I.M.O. (Associazione Italiana Medici Oculisti) e l’ A.S.M.O.O.I. (Associazione Medici Oculisti ed Ortottisti Italiani) e la società Centro Chirurgico Casa Verde (centro oculistico privato di Trapani) dove lavora il dr. Alberto Montericcio, (Montericcio 2014) che, insieme a S.O.I., cui appaiono intimamente legate, ricorrono al TAR avverso ad una determinazione AIFA, che reintroduce l’uso gratuito dell’Avastin intravitreale.
La S.I.F.A.P.
Alla vicenda si sono interessate anche altre società scientifiche come quella dei farmacisti preparatori, la S.I.F.A.P. (SIPAF 2014), presieduta dalla prof.ssa Minghetti, decisamente interessata a far emergere che non esistono differenze tra farmacie ospedaliere e farmacie aperte al pubblico, come espresso in una Nota inviata a Ministero e ad altri enti interessati: la condizione è che vengano applicate le NBP, le norme di buona preparazione non semplificate. Nel Direttivo di questa società siede anche il dott. D’Arpino che è anche Segretario regionale S.I.FO. Umbria e risulta tra gli estensori delle Linee guida SIFO sulla preparazione intravitreale dell’Avastin.
Va ricordato che la stragrande maggioranza delle farmacie aperte al pubblico applicano le NPB semplificate che consentono loro di allestire preparazioni magistrali topiche o orali che non richiedono sterilità né il rispetto di tutte le norme NBP, come riportato negli appositi decreti del 2003 e 2005.
I Sindacati
Il Sindacato dei farmacisti ospedalieri, SI.NA.F.O., uscito con un comunicato congiunto proprio con S.I.Fa.C.T. ha teso a “rassicure la SOI che le competenze e conoscenze tecniche dei farmacisti ospedalieri, le strutture laboratoristiche nelle quali vengono allestiti i preparati, i controlli di qualità e dei processi produttivi, forniscono oggi le migliori garanzie di qualità dei medicinali prodotti, a tutela della efficacia e sicurezza dei trattamenti, che sono il fine unico perseguito, nell’interesse primario dei pazienti, degli operatori e del sistema sanitario” (Anonimo 2014c).
Nello stesso documento si precisa che aumento della durata della validità non significa qualità che invece va garantita dalla stretta osservanza di tutte le norme per l’allestimento ai fini di un impiego sicuro e certificato.
I centri di ricerca
La Cochrane Collaboration italiano, centro di ricerca indipendente, fondato nel 1994 da Alessandro Liberati con lo scopo di promuovere, in Italia e nei paesi dell’Europa meridionale, le attività della Cochrane Collaboration (CC).
Il CCI, dal momento della sua fondazione, ha operato all’interno dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano, con il quale ha condiviso gli obiettivi scientifici e l’impegno per una medicina al servizio dei pazienti e dei cittadini. A partire dal 2012 il CCI è ospitato all’interno della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia.
Su commissione della Regione Emilia Romagna il CCI prima esce con una preview (De Fiore 2014) e poi con una ricerca (Moja et al. 2014) dalla quale risulta che Avastin e Lucentis abbiano effetti collaterali sistemici simili su metadati di 3.665 pazienti con le conclusioni seguenti:“il farmaco meno costoso alternativo a quello approvato per il trattamento della patologia oculare ha effetti collaterali simili.” Tra gli autori figurano A. Campomori, nota esponente di SIFaCT, e V. Bertelè dell’Ist.M. Negri di Milano.
Il problema di questa revisione è che non sono stati presi in considerazione gli effetti collaterali oculari, prestando così il fianco alle critiche che si sarebbero potute evitare se quello fosse stato il vero endopoint della revisione sistematica.
I giornali e i media
Non si possono contare gli articoli, le interviste, le riprese su i giornali a tiratura nazionale, locale, le riviste specializzate cartacee o on line. Sicuramente è stato un argomento ghiotto che ha destato l’interesse e la curiosità di milioni di persone, che ha portato l’attenzione di gran parte della popolazione e non solo del mondo degli addetti ai lavori su un tema che ha diverse sfaccettature, regolatorie, concorrenziali, giudiziarie, scientifiche, culturali, sindacali ed economiche. Tra i più attivi dei giornali on line di settori vi sono Il Sole 24 Ore Sanità, il Quotidiano Sanità. Interessante l’inchiesta di Report del maggio 2013 su Rai 3 (REPORT 2013) dove vengono intervistati un noto oculista e opinionista del Fatto Quotidiano, Domenico De Felice e un dirigente di AIFA, Paolo Siviero, che difende l’operato dell’Agenzia: per De Felice, personaggio che appare ispirato da motivazioni prevalentente ideologiche e lontane da un’impostazione tecnico-scientifica moderna, il danno stimato per casse dello Stato assomma a 400 milioni di euro.
Si tratta di una visione miope; il danno c’è se si ritiene che l’iniezione intravitreale di un anti-VEGF abbia, come prezzo etico, solo 20 euro a fiala. Dire che vanno bene 20 euro a fiala a fronte di una patologia grave che ne trae un beneficio clinicamente rilevante significa devastare la politica dei prezzi, smentire ogni percorso di oggettivizzazione value-based del prezzo e quindi scoraggiare pesantemente la ricerca industriale, che poi è l’unica che produce non solo novità marginali ma anche innovazioni rilevanti; in definitiva, così si rischia di rendere la farmaceutica una giungla priva di regole.
Siviero sostiene, al contrario, la necessità di applicare le regole che esistono anche se non piacciono e una Agenzia come l’AIFA non può evitare di applicarle per essere inserita in uno Stato di diritto: l’Avastin non è stato registrato per quell’indicazione terapeutica ed AIFA non può sopperire autonomamente a quanto Roche non ha mai chiesto di fare.
Le associazioni para-“lobbistiche”
La FederAnziani, (FEDERANZIANI 2014a) il cui Presidente Messina, laureato in scienze aziendali in Svizzera, già condutttore televisivo e soprattutto legato alla S.I.C. srl, di cui è stato direttore editoriale dichiara di avere più di 3 milioni di iscritti; programma anche il proprio Convegno nazionale a Rimini a novembre 2014, con il patrocinio di A.I.M.O., partner, insieme a A.M.D. e Federfarma: tra i relatori figurano i nomi di oculisti appartenenti alle più illustri università e ospedali italiani.
Federanziani è l’unica “associazione” che si presta ad organizzare, con l’avvallo di FIMMG e Federfarma, la raccolta di segnalazioni di “… reazioni avverse, tra cui gravissime emorragie … perdita della vista…” legate all’uso di Avastin. Il comunicato di Federanziani all’ANSA (Anonimo 2014d) viene utilizzato per creare allarme sull’uso di Avastin off-label. Iniziativa apparentemente lodevole, peccato che la metodologia non è quella in vigore e accettata da AIFA che dovrebbe far uso dell’apposito modulo, che riporta anche il nome del medico curante, ed invece viene svolta telefonicamente. Federanziani chiede poi ovviamente ad AIFA la sospensione dell’uso di Avstin intravitreale negli ospedali.
Federanziani viene denunciata alla procura di Torino da parte di S.O.I. per questa operazione che sembrerebbe influenzata da Novartis (FEDERANZIANI 2014b), tanto che sempre Messina controreplica dicendo che : “Prendiamo atto della denuncia presentata dalla Soi nei confronti di FederAnziani, la federazione delle associazioni della terza età, ovvero i pazienti italiani. Siamo basiti, ma c’è sempre una prima volta, così oggi i pazienti si trovano denunciati dai loro medici”.
I consumatori
Tra le associazioni dei consumatori si distinguono il Codacons per chiedere che il Ministero della Salute e le Regioni chiedano i danni alle due multinazionali di 45 milioni di euro per il passato e stimati in 600 milioni/anno nel futuro. In difetto di azione si propone di attivare una azione risarcitoria autonomamente (REPUBBLICA 2014).
Altroconsumo rende noto sul proprio sito (ALTROCONSUMO 2014) di aver notificato all’AIFA una diffida perché reinserisca subito il farmaco Avastin nella lista off label a carico del Servizio sanitario nazionale e minaccia una class action raccogliendo le denuncie dei consumatori per i soldi spesi a loro carico.
Federconsumatori annuncia azioni risarcitorie e si dichiara a fianco dell’Antitrust (FEDERCONSUMATORI 2014) e “invita i cittadini che hanno subito un danno per le azioni anti-concorrenziali delle due case farmaceutiche ad inviare per e-mail o presentarsi presso le nostre sedi per comunicare l’adesione all’iniziativa suddetta con la descrizione delle modalità con le quali sono venuti a contatto dei farmaci interessati dalla procedura Antitrust, conservando la documentazione relativa alle prescrizioni ed all’acquisto dei farmaci.”
Stakeholder
Tra tutti gli stakeholder intervenuti nel dibattito ci limitiamo a segnalare il Presidente di AGENAS, Giovanni Bissoni, già Assessore alla Sanità della Regione Emilia-Romagna interviene sull’argomento ricordando che la colpa di tutto sta nell’affossamento in Parlamento del “decreto Balduzzi”. Interessante quanto dichiara in una intervista a Repubblica (REPUBBLICA 2014) dove appoggia l’operato dell’Antitrust e termina con “una riflessione sulla fine ingloriosa del decreto Balduzzi (Decreto legge 158/2012) che ‘pretendeva’ di introdurre norme specifiche per evitare il permanere e il ripetersi di fatti come Avastin/Lucentis, norme adeguatamente e chirurgicamente purgate in sede di conversione in legge”. In realtà le regole sugli off-label finora hanno garantito la cura gratuita dei pazienti all’interno delle strutture del SSN: il caso Avastin non è paradigmatico di quanto avviene nella stragrande maggioranza dei casi. Infatti di solito sono i medici a proporre l’uso (a volte incoraggiato dalle stesse aziende produttrici) off-label di farmaci ad alto costo e in via di sviluppo. Avastin intravitreale è di fatto una eccezione che mette in luce più che l’uso l’off-label il possibile accordo vedremo quanto illegittimo nel secondo grado di giudizio.
La Guardia di Finanza
Il Gruppo Antitrust del Nucleo Speciale Tutela Mercati della Guardia di Finanza entra in scena andando ad acquisire la documentazione che permette all’Antitrust di evidenziare che le capogruppo Roche e Novartis, anche attraverso le filiali italiane, hanno concertato sin dal 2011 una differenziazione artificiosa dei farmaci Avastin e Lucentis, presentando il primo come più pericoloso del secondo e condizionando così le scelte di medici e servizi sanitari (AGCM 2014). Sempre la Guardia di Finanza perquisisce a giugno 2014 anche gli uffici di A.I.FA. a caccia di prove di comportamenti illegittimi.
Le questioni sul tappeto.
Lesione alla concorrenza, uso off-label e equivalenza
I principali competitor in campo sono stati da una parte le Regioni Emilia-Romagna e Veneto e dall’altra le aziende farmaceutiche coinvolte, Novartis prima di tutto e in secondo piano Roche.
Le Regioni hanno tentato di difendere a spada tratta la legittimità dell’uso off-label di Avastin® per alcune malattie oculari mediante iniezioni intravitreali vs. l’azienda Novartis che ha tentato di contrastarne l’uso avendo messo in commercio in prodotto dal costo dieci volte superiore, Lucentis®, ma dotato di autorizzazione specifica da parte di AIFA a tali usi. Il problema non è che Lucentis costa 10 volte più dell’Avastin perché Lucentis costa in linea con il suo valore terapeutico; il problema è invece che Avastin costa dieci volte meno rispetto al valore terapeutico della terapia e, fatto non marginale, si configura come trattamento off-label.
Non sappiamo, e forse non sapremo mai, quanto sarebbe stato il prezzo di Avastin intravitreale a fronte di ricerche su efficacia, sicurezza, qualità allestitiva di tipo registrativo, condotte dalla società produttrice: quello che è certo che il prezzo richiesto si sarebbe confrontato con quelli dei tre prodotti presenti sul mercato e non certo con quello derivante dalla diluizione galenica operata sul prodotto originario, a “basso” costo.
E’ opportuno ed interessante leggere la cronistoria riportata sul sito della Regione Emilia-Romagna (SALUTER 2014) che documenta passo passo tutta la vicenda con i risvolti autorizzativi da parte di AIFA di Avastin in 648-off label e Lucentis in c), trasferimento di Lucentin dalla classe c) alla h) (AIFA, dicembre 2008), esclusione di Avastin intravitreale dalla lista 648 (AIFA, marzo 2009).
La R.E.-R., dopo tutti questi passaggi regolatori centrali centrali, decide di assumere una decisione con la famosa delibera di Giunta 1628/2009 che autorizza la temporanea erogazione di Avastin a carico del Servizio sanitario regionale nell’ambito delle strutture della regione, consentendo il mantenimento dell’erogabilità del farmaco anche ai nuovi casi di degenerazione maculare legata all’età (DMLE).
Ed è sempre l’Emilia (insieme alla S.O.I., società scientifica palesemente piena di conflitti di interesse) che denuncia all’Antitrust la Roche e la Novartis nel novembre 2009.
Sono questi i due passaggi amministrativi ma profondamente politici ed economici che attivano i due percorsi anticoncorrenziale e giudiziario che hanno caratterizzato tutta questa vicenda.
Infatti, Novartis chiede subito il rispetto del famoso (o famigerato, dipende dai punti di vista) punto zeta della Finanziaria 2007 comma 796, che in sostanza obbliga il medico a prescrivere un farmaco quando ne esista in commercio uno che ha quell’indicazione terapeutica, sospendendo quello off-label per analogo trattamento.
E quindi occorrerebbe ricordare che quel comma zeta proposto dal Ministro della Salute, Livia Turco dei DS/PDS, aveva lo scopo di tutelare gli interessi dei pazienti ma conseguentemente anche quello delle imprese che avevano investito risorse per quell’indicazione terapeutica.
Questo diventa il tema dello scontro giuridico tra imprese e Regioni che viene portato di fronte al T.A.R. dell’Emilia-Romagna da parte di Novartis, gennaio 2010, che sospende con Ordinanza la delibera 1628/2009 ma poi nel 2012 ne sospende il giudizio e rinvia gli atti alla Corte Costituzionale, che nel 2014 alla fine decide richiamando la legittimità delle decisioni emiliane a legislazione nazionale variata.
Nel frattempo però succedono altre cose importanti.
Intervento del Consiglio Superiore di sanità
Anche il CSS interviene sull’argomento e lo fa su precisa richiesta del Ministro della salute con un apposito parere del 15 aprile 2014 (CSS 2014), dove si dichiara che i due prodotti Avastin e Lucentis, “pur nella diversità strutturale e farmacologica delle molecole, non presentano differenze statisticamente significative dal punto di vista dell’efficacia e della sicurezza nella terapia della degenerazionemaculare senile e restringe il campo di allestimento alle farmacie ospedaliere in possesso dei requisiti necessari e di utilizzo solo ai centri di alta specializzazione, dando indicazione affinchè AIFA applichi il nuovo DL 20 marzo 2014 n. 36.
Di fatto, come auspicato dalla nostra società scientifica, anche il CSS dà parere di sottrarre la preparazione alle farmacie non dotate di apparecchiature che garantiscano sterilità e sicurezza e che non applicano le NBP. Ma ancor più importante, dà parere che la somministrazione non venga più effettuata negli ambulatori privati ma solo nelle strutture oculistiche di alta specializzazione: un colpo mortale per S.O.I.
Intervento di EMA
AIFA chiede un parere ad EMA che interviene modificando l’RCP di Avastin ma poi anche di Lucentis in merito al tema della sicurezza dei prodotti per questo uso specifico.
Il Parlamento su proposta del Ministro Lorenzin approva una modifica al famoso punto zeta e autorizza AIFA ad introdurre in lista 648 anche quei prodotti che non hanno la autorizzazione all’immissione in commercio per una specifica indicazione ma che hanno un rapporto costo/beneficio favorevole e studi in letteratura che ne comprovino efficacia e sicurezza.
Interviene anche il Direttore Generale della DG-SANCO (Direzione Generale della Salute e dei Consumatori), l’italianissima Testori Coggi che emette, dopo una lettera di Pani, Direttore di AIFA, un comunicato (COMMISSIONE EUROPEA 2014) schierandosi apertamente con EMA e AIFA, ricordando come EMA abbia prima variato le avvertenze e poi anche l’RCP di Avastin fin dal 2012.
Le interrogazioni parlamentari
Sul tema vengono anche presentate interrogazioni parlamentari (REGIONI.IT 2014) alle quali a volte è il Ministro a rispondere aggiornando il Parlamento della situazione che si va evolvendo e che la porterà a variazioni della legge in vigore per gli off-label/rimborsabilità e a sostenere l’azione dell’Antitrust.
Intervento differente tra Emilia-Romagna e Toscana sull’equivalenza terapeutica
La CRF dell’Emilia-Romagna, commissione per il Prontuario, ribadisce nel febbraio 2013, che i due prodotti, Lucentis e Avstin, sono sovrapponibili terapeuticamente.
La Regione Toscana, muovendosi però su altri presupposti, attiva una richiesta ad AIFA di equivalenza tra i diversi prodotti in commercio, su Lucentis e Aylea®, aflibercet di Bayer, nuovo competitor di Novartis, che verrà, peraltro, proposta dalla Regione Toscana che porterà AIFA ad un pronunciamento. Quindi, la Toscana invece ha chiesto la valutazione sulla equivalenza tra Lucentis e Eylea e intenzionalmente non ha compreso Avastin nella sua richiesta.
L’intervento dell’OMS: Bevacizumab nella lista Essenziali OMS
L’O.M.S. introduce nell’ottobre 2013 bevacizumab intravitreale nella 18° lista dei farmaci essenziali dell’O.M.S. (WHO 2013), esattamente al punto 21.6 Anti-vascular endothelial growth factor (VEGF) come prodotto per iniezione.
Autorità garante per la concorrenza e il mercato AGCM evidenzia intesa collusiva
Infine l’Antitrust avvia un procedimento nei confronti di Genentech, F. Hoffmann-La Roche, Roche spa, Novartis International AG, Novartis Farma spa, per verificare l’esistenza di un’intesa orizzontale fra le Società per limitare la concorrenza fra le stesse imprese nel mercato delle cure per degenerazione maculare legata all’età (DMLE).
L’AGCM, con provvedimento n. 24823 del 27 febbraio 2014, pubblicato sul sito web dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato – Antitrust, con il quale l’Autorità, ad esito del procedimento I-760, ha deliberato che:
“a) le società Hoffmann- Laroche Ltd, Novartis AG, Novartis Farma Spa, Roche Spa hanno posto in essere un’intesa orizzontale restrittiva della concorrenza in violazione dell’art. 101 del TFUE;
- b) che le società Hoffmann- La Roche Ltd, Novartis AG, Novartis Farma Spa, Roche spa si astengano in futuro dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli oggetto dell’infrazione accertata; che in ragione della gravità e della durata delle infrazioni di cui al punto a) alle società Hoffmann – La Roche Ltd, Novartis AG, Novartis Farma Spa, Roche Spa vengano applicate sanzioni amministrative pecuniarie rispettivamente pari a:
- per Hoffman-LaRoche e Roche S.p.a., in solido, 90.539.369 euro;
- per Novartis AG e Novartis Farma S.p.a., in solido, 92.028.750 euro”.
Procedimento che si conclude con una “multa” come la chiamano i media, importante anche solo economicamente, avverso cui le Società chiamate in causa ricorrono al TAR.
Tribunali: parte il T.A.R. Lazio
Il TAR Lazio si pronuncia e afferma che l’intesa collusiva c’è stata e che si desume dall’esame della corrispondenza e-mail e da altri documenti scambiati tra le diverse Società farmaceutiche. Quindi
con sentenza n. 12168/2014 respinge i ricorsi di Novartis AG, Novartis Farma, Hoffmann-La Roche, Roche per l’annullamento del provvedimento sopra citato.
Ma dovremo attendere il secondo grado di giudizio per vedere confermati o meno i rilievi dell’Antitrust.
La linea decisionale del TAR non entra nel merito delle questioni tecniche, scientifiche, amministrative o economiche ma si limita a considerare la legittimità del provvedimento Antitrust; quindi una linea ben definita su cui le società ricorrenti saranno costrette nel ricorso al CdS a misurarsi.
Il movente
Il movente come in tutti i romanzi polizieschi è abbastanza semplice da trovare: Novartis si è resa conto di “non poter intraprendere in autonomia una battaglia vincente contro Avastin” (citiamo le parole dei Giudici). Infatti da una parte gli oculisti della S.O.I., dall’altra le Regioni Emilia-Romagna e Veneto, dall’altra le farmacie ospedaliere e dell’unica farmacia aperta al pubblico d’accordo con la S.O.I. costituivano l’ostacolo al raggiungimento degli obiettivi di vendita di Lucentis ®.
L’obiettivo delle aziende farmaceutiche è costituito dal profitto che traggono dalla vendita dei prodotti che scoprono, ricercano e sviluppano: è un movente legittimo. Presumibilmente, illegittimi sono i mezzi con cui viene perseguito questo obiettivo.
Gli indizi
Gli indizi della colpevolezza li individua la Regione Emilia e forse anche la S.O.I. e Altroconsumo, che presentano denuncia all’Antritrust. Chi tenta di opporsi alla strategia anti-concertativa, una “associazione”, denominata Federanziani, che si inventa un “innovativo” sistema di farmacovigilanza.
Le prove
Le prove le trova l’AGCM indagando sulle “carte”, che si scambiano i dirigenti delle due aziende. O meglio la Guardia di Finanza che viene inviata presso le due aziende con l’ordine di cercare le prove nei server e nei cassetti dei dirigenti apicali aziendali.
Il TAR certifica che l’Autorità ci ha visto giusto nell’ individuare negli “scambi di comunicazioni scritte tra Roche e Novartis che espressamente si riferiscono all’esistenza di una concertazione tra concorrenti, confermata anche da numerosi documenti “interni” ai due Gruppi riguardanti le modalità attuative” della predetta strategia? Prove dell’intesa certe e incontrovertibili, che vedremo se resisteranno all’ulteriore lente di ingrandimento del Consiglio di Stato.
Epilogo non definitivo
Vedi all’inizio…
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