Drug pricing e dintorni: le posizioni di SIFaCT sui principali punti sollevati da Silvio Garattini nella recente audizione alla Commissione Affari Sociali Camera dei Deputati
Recentemente di fronte alla Commissione Affari Sociali Camera dei Deputati, nell’audizione del 22/02/2016, il prof. Garattini ha esposto una serie di considerazioni in buona parte condivisibili sul tema del pricing dei farmaci.
Poiché su questi temi la nostra Società scientifica ha lavorato e pubblicato già alcuni contributi (1, 2), vorremmo contribuire al dibattito che sembra si stia creando non solo a livello parlamentare o istituzionale ma anche sui media e nel mondo industriale e delle società scientifiche interessate. (convegno SIF Catania, 2016)
Di seguito elenchiamo le nostre considerazioni sui punti sollevati nel corso dell’audizione.
Punto 1. Trasparenza sui prezzi negoziati
Concordiamo.
Finchè, infatti, un farmaco o due hanno avuto il prezzo segreto, il sistema bene o male ha tollerato questa limitatissima non trasparenza/incoerenza. Ma se (come sta accadendo) i farmaci con prezzo segreto dovessero diventare numerosi, questa mancanza di informazioni ucciderebbe tutta l’HTA, tutti i monitoraggi dei consumi e la capacità stessa del SSN di governare la farmaceutica
Punto 2. Richiedere alle industrie per ogni nuovo prodotto una composizione analitica delle voci che concorrono a stabilire il prezzo.
Non concordiamo.
Questo implica una sorta di accettazione da parte del SSN del principio per cui l’industria autodetermina i suoi prezzi; al contrario è il SSN che deve costruire le sue regole ( e le sue soglie) per stabilire il valore di un farmaco in base alla sua efficacia. Inoltre, non esistono regole note e condivise (ne’ sarebbe facile costruirle) che indichino quali composizioni di investimento di una azienda farmaceutica siano accettabili e quali no.
Punto 3. Stabilire un rapporto inverso fra volumi di acquisto e prezzo.
Concordiamo.
Punto 4. Rimborsare in rapporto ai risultati ottenuti.
Concordiamo.
Punto 5. Realizzare aste pubbliche per i prodotti che più incidono sulla spesa.
Concordiamo.
Proposta pleonastica, in quanto in base alle norme vigenti si tratta di situazione in essere. Sulle tematiche di gara basterebbe applicare il Codice degli Appalti e, piuttosto, andare ad indagare come A.N.A.C. quelle situazioni nelle quali il confronto competitivo non viene esplicitato a dovere.
Punto 6. Realizzare un sistema di negoziazione europea per avere maggiore potere negoziale.
Non concordiamo per niente.
Farebbe solo danni: il risultato finale sarebbe l’allineamento di tutti i prezzi verso l’alto. Il nostro sistema Paese non solo ha giovato dell’indipendenza propositiva, valutativa e negoziale ma viene guardato con interesse anche da Stati extra europei come esempio da seguire.
Punto 7. Giungere in casi estremi, quando sia in gioco la vita dei pazienti, alla sospensione o all’abolizione del brevetto.
Non concordiamo.
Idealmente comprendiamo le ragioni che muovono questa affermazione. Non concordiamo però non solo perché l’Italia non è l’India ma anche perché un Paese quale Stato membro della UE non può non applicare regole di natura comunitaria, a meno che non si decida un ITEXIT.
Punto 8. Nel caso dei biologici si potrebbe imporre il prezzo dei biosimilari come condizione per rimanere nel Prontuario.
Concordiamo limitatamente.
Il ragionamento è condivisibile limitatamente alle indicazioni possedute da originator e biosimilare senza quindi applicare ciò alle indicazioni possedute dal solo originator
ISTITUTO DI RICERCHE FARMACOLOGICHE MARIO NEGRI
Prof. Silvio Garattini, Direttore
Via Giuseppe La Masa, 19 – 20156 Milano MI – Italy – www.marionegri.it tel +39 02 39014.1 – fax +39 02 354.6277 – mnegri@marionegri.it
Commissione Affari Sociali Camera dei Deputati
Memoria Audizione del 22/02/2016
Sono fondamentalmente d’accordo con le raccomandazioni presentate dall’On. Silvia Giordano e altri nell’ordine del giorno del 22 febbraio scorso.
Desidero tuttavia precisare ed espandere il significato di tali raccomandazioni:
- Quanto al segreto nella contrattazione dei prezzi, ritengo che, senza regole prestabilite, questa sia una pratica preoccupante, che tra l’altro non pare abbia precedenti nell’acquisto di beni e servizi da parte di strutture pubbliche. Se il segreto sui prezzi dovesse estendersi, questo rappresenterebbe un vulnus alla trasparenza che deve caratterizzare tutte le azioni che impiegano fondi pubblici. Si può accettare una segretezza durante la trattativa, ma poi il non sapere il prezzo di ciò che si prescrive genera confusione.
- I prezzi dei farmaci sono in continuo aumento, soprattutto per quanto riguarda i cosiddetti farmaci biologici. In generale, l’industria tende a giustificare il prezzo adducendo le crescenti spese per la ricerca. In realtà, si calcola che sul fatturato globale la ricerca riguardi solo circa l’otto percento. Il problema è diverso. Oggi l’industria farmaceutica tende a fare relativamente poca ricerca intramurale e realizza invece un’attività di scouting a livello internazionale, acquistando prodotti promettenti da piccole industrie start-up, spesso sostenute da fondi pubblici. Poiché c’è competizione per tali prodotti, il loro prezzo d’acquisto sale: si ritiene che l’acquisto del sofosbuvir (il primo farmaco anti- epatite C) sia stato pagato circa 11 miliardi di dollari. Ma tale investimento non rappresenta una spesa per la ricerca come impropriamente si sostiene da parte industriale. È questa interpretazione distorta della realtà che fa dire all’industria che il costo per la ricerca e lo sviluppo di un farmaco sia arrivato a circa 1,5 miliardi di dollari. Le stesse considerazioni valgono per i farmaci antitumorali che rappresentano attualmente una spesa ospedaliera importante e in continuo aumento.
- Di fronte al fatto che anche un Paese industrializzato come l’Italia non possa sostenere la spesa per farmaci essenziali, occorre riflettere e cercare di porvi rimedio.
- Alcune modifiche sono necessarie a livello legislativo europeo per permettere all’EMA di esercitare maggior rigore nell’approvazione di nuovi farmaci. Devono essere disponibili tutti i dati che sono alla base dell’approvazione di un nuovo farmaco, visto che non ha senso apporre il segreto industriale sui dati preclinici e clinici.
- La legislazione attuale prescrive che un nuovo farmaco venga approvato sulla base di tre caratteristiche: qualità, efficacia e sicurezza. Ciò permette di approvare farmaci che non sono distinguibili da quelli già esistenti e tantomeno sono migliori di questi. Ciò accade perché i nuovi farmaci si confrontano con il placebo, anche quando esistono farmaci efficaci per la stessa indicazione terapeutica. Quando si confrontano i nuovi farmaci con quelli già in uso, si mira a documentarne semplicemente la non-inferiorità anziché la superiorità.
- La legislazione europea ammette per la registrazione di nuovi farmaci solo i dossier preparati dall’industria farmaceutica. Questo rappresenta un enorme conflitto di interessi. Sarebbe necessario che almeno uno studio clinico controllato di Fase 3 venisse condotto da un ente indipendente no-profit e i suoi risultati facessero parte del dossier registrativo.
- Se questi principi venissero accolti sarebbero pochi i nuovi farmaci approvati. Ciò ridurrebbe la spesa farmaceutica per farmaci non innovativi, sostenuti non dall’evidenza scientifica, ma solo dalla pressione promozionale, in cui l’industria farmaceutica investe molte volte di più di quanto investe in ricerca e sviluppo.
- Occorre rivedere in modo sistematico il Prontuario Terapeutico Nazionale per eliminare i molti farmaci ormai obsoleti e quelli con prezzi non competitivi. L’ultima revisione, che risale al 1993, ha permesso di eliminare farmaci inutili per un risparmio annuo di circa 3.000 miliardi di lire. È inutile mantenere nel Prontuario prodotti che sono ancora sotto copertura brevettuale e hanno un prezzo elevato, quando vi sono farmaci dal nome generico che costano molto meno. Se si eliminassero alcuni prodotti ipocolesterolemizzanti, antidiabetici e antipertensivi, si potrebbero risparmiare molte centinaia di milioni di euro senza danneggiare gli ammalati. Infatti, non esistono prove che farmaci ancora sotto copertura brevettuale siano superiori rispetto ai farmaci dal nome generico nella stessa classe terapeutica.
- Non si capisce perché i pazienti debbano aver speso nel 2014 circa un miliardo di euro per pagare un ticket riguardante la differenza di prezzo tra farmaco dal nome di fantasia e farmaco dal nome generico. Se il Prontuario obbligasse tutti i prodotti – generici e di riferimento – ad avere lo stesso prezzo, il cittadino risparmierebbe e in prospettiva vi sarebbero meno farmaci della stessa classe terapeutica.La situazione è molto più grave per i farmaci biosimilari, quelli che rimpiazzano alla fine della copertura brevettuale i farmaci di origine biologica. In questo caso si tratta di risparmi molto importanti, perché il prezzo di questi farmaci è molto elevato. Ad esempio una ditta norvegese ha dichiarato che il prezzo per grammo di trastuzumab, un antitumorale contro il tumore della mammella, può scendere dagli attuali 3.000 euro al grammo per il farmaco biologico a di 31 euro per il farmaco biosimilare. Anche nel caso dei biologici si potrebbe imporre il prezzo dei biosimilari come condizione per rimanere nel Prontuario.Si suggeriscono anche altre iniziative:
- Richiedere alle industrie per ogni nuovo prodotto una composizione analitica delle voci che concorrono a stabilire il prezzo.
- Stabilire un rapporto inverso fra volumi di acquisto e prezzo.
- Rimborsare in rapporto ai risultati ottenuti.
- Realizzare aste pubbliche per i prodotti che più incidono sulla spesa.
- Realizzare un sistema di negoziazione europea per avere maggiore potere negoziale.
- Giungere in casi estremi, quando sia in gioco la vita dei pazienti, alla sospensione o all’abolizione del brevetto.
- È essenziale rafforzare la ricerca indipendente per offrire migliori basi di evidenza agliinterventi del SSN. Per quanto riguarda i farmaci una legge del 2005 aveva messo a disposizione risorse per studi clinici indipendenti. La disponibilità di tali risorse non grava sulla spesa pubblica, perchè i fondi derivano da una tassa che l’AIFA impone alle aziende farmaceutiche in rapporto (5%) al loro investimento in attività promozionali (eccetto i salari). Inspiegabilmente dal 2012 i bandi di concorso si sono interrotti, nonostante i fondi siano disponibili.La ricerca deve essere una componente del bilancio del Fondo Sanitario Nazionale. È necessario realizzare ricerche che siano di interesse del SSN e non necessariamente dell’industria farmaceutica. La ricerca indipendente non è una spesa ma un investimento, perché, se condotta correttamente, rappresenta la migliore “spending review”.
Prof Silvio Garattini