La proposta, primo relatore dott.ssa Ianaro, del disegno di legge “Istituzione sperimentale dei centri operativi e gestionali del farmaco presso le strutture sanitarie pubbliche, per promuovere la sicurezza, l’efficacia e l’appropriatezza nell’uso dei farmaci” richiede una serie di riflessioni, che la nostra società scientifica vuole esporre di seguito.
Nel disegno di legge si ipotizza la creazione di una nuova struttura (“centro operativo e gestionale del farmaco”) collocata presso la farmacia ospedaliera. Il “centro operativo e gestionale del farmaco” sarebbe diretto da un farmacologo clinico con laurea in Medicina e Chirurgia e comprenderebbe almeno tre professionisti specializzati in farmacologia e tossicologia clinica e laureati in Medicina e Chirurgia, Scienze Biologiche, Biotecnologie Mediche, Farmacia o Chimica e Tecnologia Farmaceutica. Non è prevista la specializzazione in Farmacia Ospedaliera. La nuova struttura sarebbe finalizzata ad ottimizzare la terapia per singolo paziente, razionalizzare la prescrizione farmacologica (favorendo la sostenibilità assieme all’appropriatezza prescrittiva), favorire la continuità terapeutica tra ospedale e territorio, sorvegliare gli eventi avversi, promuovere l’informazione e la formazione continua in farmacologia, supportare la ricerca clinica regionale.
A nostro avviso, governare questi obiettivi significa intervenire contemporaneamente sulla prescrizione territoriale (nella quale i farmaci hanno costi unitari contenuti ma una lunga durata di trattamento) e sulla prescrizione ospedaliera (nella quale i farmaci hanno un costo alto e talora altissimo, associato ad una breve durata di trattamento). Tuttavia, ad una attenta lettura del disegno di legge e considerata la collocazione fisica della nuova struttura presso la farmacia ospedaliera, appare evidente che il centro operativo e gestionale del farmaco sarebbe finalizzato quasi esclusivamente al governo della prescrizione ospedaliera piuttosto che alla prescrizione territoriale.
In questo quadro, va ricordato che la prescrizione ospedaliera è affidata a medici altamente specializzati, che hanno conoscenze approfondite, e talora di eccellenza, riguardo alla materia che trattano; tanto è vero che AIFA stessa prevede, fin dalla determina di immissione a carico del SSN, che la prescrivibilità dei farmaci di alto impegno terapeutico sia limitata a specifici centri o a specifici specialisti. Tali farmaci sono attualmente monitorizzati attraverso strumenti oramai ben consolidati (quali i registri AIFA, i registri per patologia regionali o locali, i piani terapeutici, i PDTA). D’altro lato, le specialità mediche sono in numero di molte decine.
In questo contesto, appare improbabile che un neo-istituito team centralizzato, costituito da poche persone, possa detenere, riguardo alle svariate e numerose specializzazione mediche, competenze così approfondite in ciascun settore, tanto da risultare un valido “peer-reviewer” per così tanti interlocutori medici specializzati. Per mancanza di adeguate conoscenze in così tanti settori specialistici, un “peer-reviewer” centralizzato dovrebbe realisticamente limitarsi a quei pochi farmaci ospedalieri che hanno un uso ‘trasversale’ (e che cioè attraversano tutte, o quasi tutte, le specializzazioni). Nei restanti casi, che corrispondono alle situazioni di maggior rilevanza in termini clinici ed economici, appare irrealistico che, nell’assunzione di decisioni prescrittive molto complesse, un organismo “one-fits-all” possa culturalmente prevalere e/o competere con le conoscenze approfonditissime che ogni specialista detiene nella propria rispettiva disciplina. Inoltre, la medicina personalizzata richiede oggi una gestione multidisciplinare, con interventi nei quali la diagnostica molecolare avanzata (ad es., analisi “intelligente” delle biopsie liquide per selezionare il farmaco più efficace e sicuro in oncologia) assume un peso decisivo ed in rapida crescita.
In molti paesi, il farmacista clinico ha dimostrato i rilevanti risultati che possono essere conseguiti grazie ai team multi-disciplinari che comprendono questa figura. Alle conoscenze di farmacocinetica e farmacogenetica vengono infatti affiancate quelle di interpretazione delle evidenze, di tecnologia farmaceutica, di farmacoepidemiologia, di conoscenza dei dispositivi medici, di farmacoeconomia, di nutrizione parenterale ed enterale, fino alla capacità di intervenire nei processi di HTA, tanto per citare alcune delle materie affrontate nelle scuole di specializzazione di farmacia ospedaliera.
Un intervento legislativo in questo ambito dovrebbe perciò prevedere il potenziamento dei servizi di farmacia ospedaliera (e territoriali) per ottenere i risultati indicati nelle premesse in termini di salute e di sostenibilità. Ciò è dimostrato dall’ampia letteratura nazionale e internazionale. Il farmacologo clinico ha un ruolo decisivo soprattutto nella ricerca, dove già oggi è prevista ed esiste questa figura, finalizzata soprattutto alle fasi iniziali della sperimentazione clinica.
Le esperienze passate dimostrano che si riesce a stento a reperire gli specialisti medici in numero sufficiente a soddisfare i bisogni sopra citati; sarebbe verosimilmente improduttivo impiegarli come “peer reviewer” di tutte le terapie specialistiche.